martedì, novembre 07, 2006

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mercoledì, novembre 01, 2006

Palazzo Chigi quanto mi costi!!

«Dobbiamo tagliare», diceva Berlusconi. E le spese di funzionamento di Palazzo Chigi sono passate in pochi anni, nei «suoi» bilanci, da 214 a 302 milioni di euro. Fino a toccare nel 2006, secondo i conti ulivisti (ma la responsabilità va divisa: metà alla destra, metà alla sinistra) i 373 milioni.

«Dobbiamo tagliare», dice Romano Prodi. Ma per le stesse spese prevede di tirar fuori nel 2007, nella «sua» Finanziaria, 17 milioni in più. Fino ad arrivare a 391. Pari a 757 miliardi di lire.
Per carità: è più cara la bolletta del riscaldamento, sono più cari i pieni di benzina, è più cara l'elettricità. Ma capire come le spese vive del «cuore» dello Stato si siano impennate del 69% oltre l'inflazione (13% complessivo) è arduo. Tanto più che i bilanci, come capita nelle società di quei faccendieri che non vogliono curiosi nei dintorni, sono tutt'altro che cristallini.

Una struttura pubblica trasparente deve avere bilanci trasparenti? Qui no. Prendiamo un capitolo: «Spese per acquisto di cancelleria, stampati speciali e ogni altro bene di consumo e/o strumentale necessario al funzionamento degli uffici, per il noleggio e la manutenzione di apparecchiature, attrezzature e restauro di mobili». Cosa vuol dire? Che ci fa il «restauro di mobili» con le matite e le gomme? E di quali «apparecchiature» si tratta? Computer? No, c'è una voce a parte. Anzi, nel bilancio 2005 addirittura tre. Capitolo 213: «Spese per l'installazione, la gestione e la manutenzione degli apparati tecnologici delle reti informatiche e di telecomunicazione»: 4.913.737 euro. Capitolo 913: «Spese per l'acquisto di beni e servizi informatici e telecomunicazioni durevoli»: 1.770.000. Capitolo 909: «Spese per lo sviluppo del sistema informatico e delle infrastrutture di rete»:10.693.383. Qual è la differenza? Boh... L'unica cosa certa è il totale: 17.377.120 euro. Quanto alle «spese di cancelleria», nel 2001 ammontavano a 1.043.242 euro, nel 2005 erano a 2.598.721.

Sono aumentati i dipendenti, quindi la necessità di penne e calamai? Nel faccia a faccia prima del voto, in polemica col Cavaliere, il Professore disse di sì: «Aveva detto che c'erano troppi dipendenti a palazzo Chigi. Erano 4.000 persone, oggi sono 4.200». In realtà, i numeri a bilancio sembrano dare torto a tutti e due. Non erano quattromila ma 3.548 (sulla carta) nel 2001, non sono 4.200 ma 2.974 (sulla carta) alla fine del 2005. Sulla carta, però. Perché esiste da sempre una tale girandola di «comandati», consulenti, provvisori vari da perdere la testa. La riprova? La spesa per il personale, che in base ai numeri appena dati avrebbe dovuto calare di circa un sesto (anche se i dirigenti con le destre al governo sono passati da 310 a 368) è in realtà aumentata, salendo da 76.653.739 euro del 2001 a 134.438.560 del 2005.

Il fatto è che tutto è molto complicato da decifrare. E che a Palazzo Chigi i consulenti (61 nel 2001, 136 nel 2005) e i collaboratori presi in prestito possono essere un esercito. Come quello a guardia di Berlusconi: vi sembrano tanti i 31 agenti che lui stesso si assegnò per quando non sarebbe più stato capo del governo? Allora ne aveva 81. Dei quali 11 (sei dipendenti del gruppo Mediaset, stando alle denunce della sinistra) erano stati assunti dal Cesis per chiamata diretta, scavalcando le regole che permetterebbero l'accesso ai «servizi» solo a chi è già poliziotto o carabiniere.

Quanto allo staff, ricordate cosa scrisse un cronista entusiasta dell'attivismo del Cavaliere? «Segreterie e collaboratori si alternano, con diversi turni, mentre il Cavaliere sembra l'omino delle pile Duracell. Chi scrive riesce a stento a girare lo zucchero nella tazzina del caffè, nello stesso tempo in cui il presidente fa almeno tre cose». Pareva una lisciatina: era un programma. Lo dicono i bilanci: nel 2001 le spese per pagare «gli addetti alle segreterie particolari del presidente, del vicepresidente e dei sottosegretari di Stato estranei alla pubblica amministrazione» (le persone portate da fuori) ammontarono a 1.882.248 euro. Ai quali andavano aggiunti altri 1.846.333 euro per il «trattamento economico accessorio per gli addetti agli uffici di diretta collaborazione del presidente, dei vicepresidenti e dei sottosegretari». Totale: 3.728.581. Cosa significhino esattamente queste voci (cos'è il trattamento «accessorio»?) non è chiarissimo. È però chiaro che le stesse voci si sono impennate nel 2005 fino a 11.154.000 euro: 21 miliardi e mezzo di lire. Un aumento reale, al di là dell'inflazione, del 186%. Né è andata peggio al segretario generale e ai suoi vice: nel 2001 i loro stipendi pesavano per 320 mila euro, nel 2005 per 584 mila.

Per le altre curiosità, c'è da cogliere fior da fiore. Tutto legittimo, per carità. Ma colpisce, in questi anni di ristrettezze, che la Protezione Civile abbia speso nel 2005 solo 6 milioni per lo Tsunami (280 mila morti) e 15, quasi tre volte tanto, per «oneri connessi alle esequie del Papa e alla nomina del nuovo Pontefice». O che la stessa protezione civile abbia tirato fuori un milione di euro per «il grande evento relativo alla Conferenza episcopale di Bari».

Per non dire della magica stagione della società televisiva «Euroscena». Fondata venti anni fa «su imprescindibili valori cristiani» (così è scritto nel sito, dove si vanta insieme il quiz «Distraction» dove chi rispondeva bene aveva diritto a smutandarsi), fino al 2000 fatturava 2 milioni e mezzo di euro. Dal 2001 ad oggi è passata a 16.164.414. Wow! Merito del «genio» dell'amministratore unico, Davide Medici, un ignoto ragazzo di 22 anni? No, della Provvidenza, spiega in un'intervista il socio di maggioranza Luigi Sciò: «Ho tanta fede nella Provvidenza». Che nel suo caso, dicono i maligni, è bassina, ha i capelli trapiantati e la pelle liftata. Berlusconi, per Sciò, è «una persona amica», uno «che ha dato moltissimo alla televisione», un «grandissimo imprenditore», un «uomo veramente straordinario con una famiglia straordinaria». Una stima agiografica ma ricambiata.

Convinto che «Euroscena» sia il top, il Cavaliere le ha infatti delegato non solo la confezione dei filmati propri (dal vertice di Pratica di Mare al decennale di Forza Italia, poi girati alla Rai con relative polemiche) ma anche quelli di Prodi. Dopo una gara «informale» («motivi di segretezza»: sic) fatta poco prima di sgomberare da Palazzo Chigi ma con un contratto che sarebbe scattato il 19 maggio e cioè 40 giorni dopo le elezioni, ha affidato infatti alla società una serie di appalti a partire dal confezionamento tivù dei grandi eventi di palazzo Chigi anche per tre anni a venire. Cosa che al nuovo governo non è piaciuta tanto. Tanto più che, appena insediato, il Professore bolognese si è visto arrivare le fatture per tre avvenimenti «extra-canone» che avevano celebrato il predecessore.
1) La cerimonia per l'anniversario del volontariato civile.
2) L'udienza agli atleti paraolimpici a Villa Madama.
3) La cena a Villa Miani con gli esponenti del Partito Popolare Europeo venuti alla vigilia delle elezioni a spalleggiare il centrodestra. «Perché dobbiamo pagare noi, coi soldi dei cittadini, uno spot promozionale privato e partitico?», si sono chiesti gli attuali inquilini di palazzo Chigi.
Tanto più che la fattura, per i tre servizi, era di 334.316 euro. Più di duecento milioni a botta.